Viviamo in una civiltà che idolatra il movimento.
Spingiti oltre. Non mollare. Fallo adesso.
Ma nessuno ti dice cosa fare quando le gambe tremano, i pensieri si moltiplicano e dentro senti solo il bisogno di rallentare.
La verità è che non esiste solo un modo di essere vivi.
A volte lo sei anche quando ti fermi, ti svuoti, ti osservi.
E capisci.
Capisci perché non ti stai muovendo da settimane.
Perché non prendi quel treno.
Perché resti lì, nella tua stanza o nel tuo quartiere, a guardare un albero in silenzio, mentre tutto fuori sembra correre.
Lo stallo non è sempre un sintomo
Ci sono momenti in cui la mente si blocca davvero.
Non riesci a capire, non reagisci, non pensi.
È come se qualcosa dentro si fosse rotto. O spento.
Ma poi ci sono altri momenti.
Quelli in cui ti fermi per scelta.
Perché il tuo corpo e il tuo cervello stanno lavorando, in silenzio, a qualcosa di importante.
E tu lo senti.
Senti che c’è qualcosa che si muove anche mentre tutto è immobile.
È un tipo diverso di stanchezza. Una stanchezza piena, lucida.
La senti nelle ossa e nel petto, ma non ti spaventa.
Anzi, ti dice che sei vivo.
Fermarsi è capire da dove vieni
A volte ci si ferma perché il passato pesa.
Esperienze, ambienti, persone che ti hanno deviato.
Non sempre in modo brutale, ma abbastanza da farti perdere il centro.
E serve tempo per ricalibrarsi.
Serve silenzio per sentire cosa ti manca.
Non è tempo perso: è manutenzione profonda.
Se senti che qualcosa ti ha cambiato, rallentato, anestetizzato…
Non sempre devi lottare per uscire subito.
Puoi anche guardarlo in faccia.
Capire.
E solo allora, decidere.
Il corpo sa cose che la mente ignora
In certi momenti, è il corpo che comanda.
Hai sonno? Dormi.
Hai fame? Mangia.
Hai voglia di non fare nulla? Non fare nulla.
Senza colpa, senza giustificazioni.
Il corpo spesso sa prima della mente che hai bisogno di spazio.
Di respiro. Di decompressione.
Il silenzio non è un nemico
All’inizio può fare paura.
Perché siamo tutti sovra-stimolati.
Senza un feed o un suono, entri in contatto con quella voce dentro che a volte vorresti zittire.
Ma se resti lì abbastanza a lungo, impari a conoscerla.
E poi, magari, a fidarti.
Non è una corsa. È una danza.
Non si tratta di mollare tutto o di congelarsi.
Si tratta di trovare il ritmo.
Un equilibrio instabile tra ascolto e azione.
Tra intuizione e movimento.
E ogni tanto, fermarsi del tutto è proprio ciò che serve per non crollare.
Fermarsi è come curare i piedi prima di una maratona.
Prima i 100 metri. Poi, se puoi, i 200.
E se ti fanno male ancora, ti fermi di nuovo.
Hai tempo.
Lo ripeto: hai tempo.