Il mio psichiatra è stato il primo vero Dottore che mi ha compreso.
Aveva qualcosa nello sguardo, nei silenzi, nel modo in cui si muoveva. Una forma di attenzione così rara da risultare quasi irreale. Eppure, era vera e salvifica.
Avevo 16 anni, reduce da un abuso di cannabis, in piena fase psicotica. Paranoia, pensieri deliranti e persecutori. Ero spaventato a livelli estremi, confuso, fragilissimo. I miei genitori (a cui sono eternamente grato) mi portarono da un neurologo. Ma non funzionò. Farmaci sbagliati, terapie approssimative. Solo più caos nella mia mente già in crisi.
Poi, la svolta: uno Psichiatra. Non uno qualsiasi, ma quello giusto.
Umano, silenzioso, sensibile, ultra chirurgico nei dettagli.
All’inizio diffidavo, lo confesso, perchè in quello stato di inferno mentale pensavo addirittura facesse parte di una cospirazione. Ma bastò una seduta per sentire che qualcosa cambiava. Non mi guardava come si guarda un malato. Mi guardava come qualcuno da decifrare, non da giudicare. Come se vedesse oltre. E lo faceva con un velato sorriso di bontà.
La mente come un’auto da corsa
Inizialmente non parlavo molto. Con il tempo, ho cominciato a portargli pezzi sempre più profondi di me: pensieri distorti, idee assurde, stati alterati, tutto quello che una mente in crisi profonda può generare.
E lui non reagiva mai con allarme. Mai una smorfia. Mai un giudizio. Solo ascolto.
Io lo vedevo (e lo vedo tutt'ora) come un ingegnere, uno di quelli geniali, alla Adrian Newey. Io ero l’auto da corsa: instabile, delicata, ma con un motore particolare. Gli davo i feedback e lui agiva. Regolava, sistemava, testava. Silenziosamente, ma con estrema precisione.
Mi ricordava un pezzo di una canzone di Battisti "Sì Viaggiare":
“Quel gran genio del mio amico, lui saprebbe come aggiustare... con un cacciavite in mano fa miracoli... Mi regolerebbe al minimo, alzandomi un po', e non picchieresti in testa così forte, no! E potresti ripartire, certamente non volare ma viaggiare!”
Nel mio caso, il miracolo era trovare la cura alla mia malattia mentale che mi piacchiava forte in testa.
Un’intelligenza che si sente
Con lui non c’erano mai grandi discorsi, penso tipico degli psichiatri. L'aspetto estremamente potente era che le sue parole, quando arrivavano, erano chirurgiche. Spesso era lo sguardo a dirmi tutto.
Quando mi ripresi, mi fece capire con poche frasi che la mia mente era fragile, sì, ma anche fuori dagli schemi. Messaggio che ho tradotto: proprio per questo dovevo comprendere il mio cervello, non domarlo. Avevo qualcosa in più, non in meno. Solo che quel “più” andava regolato, non spinto al massimo.
Non è facile trovare uno psichiatra così. Uno che non ti riduce a una diagnosi. Che non si perde nei protocolli. Che non parla per riempire il vuoto. Che capisce il tuo codice, anche quando tu stesso l’hai dimenticato.
La fiducia, quella vera
Nel tempo ho avuto 4 ricadute. E ogni volta, lui c’era.
Mai perso il controllo, mai perso la fiducia in me. Mai giudicato.
E questo, forse, è stato il dono più grande: sapere che anche quando io facevo cazzate deludendo chiunque mi stesse attorno stavo, lui era lì per me, comunque.
C’era. Punto.
E non era solo professionalità. Era qualcosa di più profondo.
La psichiatria fa paura
Posso sforzarmi di comprendere chi ha paura e vede lo psichiatra come l’ultimo passo.
La psichiatria è ancora oggi vista con sospetto, etichettata come “roba da matti” da persone ignoranti che vivono nel passato.
Anche i farmaci spaventano: li chiamano “bombe”, li rifiutano, li associano alla perdita di sé.
Ma quando hai vissuto il buio vero, quello totale, capisci che certe malattie non vanno via con la parola di uno psicologo.
Servono strumenti. Servono cure e servono persone davvero competenti.
Lo stigma è negli altri
Oggi non ho problemi a parlare di questo.
Se ho davanti una persona aperta, racconto tutto senza imbarazzo.
Se invece percepisco ignoranza o superficialità, sto zitto (in Italia è quasi sempre così) perché non vale la pena sprecare fiato con chi poi ti giudicherà.
Oggi so che la salute mentale è roba seria. E, come dice Marracash "Forse la saluta mentale è roba da ricchi". Lo è purtroppo.
Io ho avuto la fortuna di potermi curare.
E se sono ancora qui, lo devo anche e soprattutto al mio Psichiatra.
Considerazione finale
Non è sempre così: non tutti incontrano lo psichiatra giusto. Alcuni restano segnati da cure sbagliate, da parole inumane, da diagnosi lanciate come pietre.
Ma quando trovi quello giusto, quello che ti capisce anche quando tu non sai più da che parte girarti, allora qualcosa cambia.
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