Per anni ho scelto la solitudine.
E No, non l’ho mai vissuta come un problema. Anzi.
È stata una delle decisioni migliori della mia vita.
La mia scelta
Quando ero giovane, avevo un giro ampio: amici, conoscenze, donne. Sempre qualcosa da fare.
Poi la botta: la depressione. E con lei, il vuoto.
Uno dopo l’altro, sono spariti tutti.
Nessuno che mi abbia sostenuto, nessuno che sia rimasto davvero.
Quando sono tornato a stare meglio, ho provato a rientrare nei soliti giri.
Mi hanno accolto, certo. Ma non era più come prima.
Ridevano, scherzavano, ma io tornavo a casa più vuoto di prima.
Nessuno parlava davvero di niente. Solo cazzate, parlare di altri, dinamiche tossiche, battutine a caso.
E allora ho fatto una scelta: sparire.
Solitudine attiva
Da lì ho iniziato a vivere da solo, ma non solamente da solo.
Ero attivo: gestivo piccoli blog, lavoravo come freelancer, costruivo progetti miei.
Avevo più tempo per me. Più testa per capire cosa davvero mi interessava.
La solitudine mi ha permesso di fare introspezione.
Di sentire chi sono, come ragiono, cosa provo.
Pulivo casa, cucinavo, ascoltavo musica, camminavo e pensavo.
Pensavo davvero.
Nessun rumore esterno. Solo io e la mia mente.
Non era fuga, era ritorno a me stesso
Molti vedono la solitudine come un fallimento.
Come un segnale d’allarme.
Ma non è così.
La solitudine scelta è una dichiarazione di forza.
Ci vuole coraggio per starci dentro.
Ci vuole lucidità per non scappare dai propri pensieri.
Chi teme la solitudine, spesso, sta solo evitando se stesso.
Io, nella solitudine, ho costruito.
Ho fatto più soldi, più progetti, più passi avanti di quanto ne abbia mai fatti in mezzo agli altri.
Ero sereno.
Avevo contatto con la mia famiglia, sì. Ma vivevo il weekend e le sere da solo. E mi piaceva.
E non sentivo mancanza di compagnia.
Col tempo poi, è venuto il desiderio di una compagna, ma non per riempire un vuoto, ma per condividere.
La solitudine subita, invece, è tutta un’altra cosa
È quando ti tolgono.
Quando ti crolla qualcosa: una relazione, un’amicizia, un genitore, una rete sociale.
E rimani lì.
Solo, ma non per scelta.
La solitudine subita fa male perché è uno strappo.
Perché sei ancora nel bisogno dell’altro.
E ti sembra che niente abbia più senso se non condiviso.
Ti capisco.
Ma anche lì, a un certo punto, devi riconoscere che sei solo.
E imparare a starci.
Cosa fare se vivi la solitudine come peso
Parlo da uno che ci è passato, anche se in modo diverso:
- Non forzare la socialità. Non rincorrere chi non ti vuole.
- Accogli i tuoi pensieri. Anche quelli neri. Sono tuoi.
- Scrivi, disegna, crea. Non per guadagno, ma per sentirti vivo.
- Esci da solo. Una camminata, un parco, un giro al sole. Non per distrarti, ma per esserci.
- Usa la tecnologia. Internet ti dà un ponte. Non vergognarti di iniziare conversazioni online.
- E se puoi, cerca un supporto professionale. La solitudine, se vissuta male, può diventare isolamento cronico. Non devi starci da solo se diventa un peso enorme.
In conclusione
La solitudine scelta è una potenza.
Ti fa crescere, ti centra, ti affila.
La solitudine subita è una ferita.
Ma anche una ferita può diventare una porta.
La differenza la fa sempre la consapevolezza.
Non sei solo se sai stare con te stesso.
Lo sei, invece, anche in mezzo alla gente, se continui a cercare fuori quello che ti manca dentro.
Prova la solitudine.
Senza paura.
Potresti scoprire che sei molto meglio di quanto credi.